Già in occasione del promo della trasmissione REPORT andato in onda domenica 25 ottobre, avevamo sottolineato -con una lettera inviata alla Redazione- che le informazioni risultavano parziali e in alcuni casi addirittura fuorvianti, dopo la puntata di domenica scorsa abbiamo inviato una nuova lettera ribadendo le argomentazioni che seguono.
Riteniamo opportuno rivolgere una critica serena, e ci auguriamo costruttiva, alla trasmissione di REPORT di domenica 1° novembre che ha affrontato il tema dei trattamenti farmacologici nel sovrappeso chiamando in causa una serie di testimonianze tutte orientate a dimostrare la inutilità di tali trattamenti anche in relazione ai presunti danni provocati dall’impiego di principi attivi vietati prescritti da medici, definiti dalla giornalista “audaci”, ed altrettanto dicasi dei farmacisti che hanno dato corso alla spedizione delle ricette, questi ultimi senza conoscere -a termini di legge- altezza e peso dei destinatari.
Pur comprendendo che una trasmissione televisiva si ponga la prospettiva di raggiungere la maggior audience possibile, tuttavia riteniamo che il dovere della corretta informazione e l’importanza dell’argomento dovessero lasciare spazio ad un contraddittorio chiamando in causa almeno un medico nutrizionista e un farmacista preparatore, entrambi non “audaci” come è stato fatto nella prima parte della trasmissione.
Non volendo invadere l’ambito medico, precisiamo che non intendiamo prendere posizione se la fendimetrazina si potesse o meno usare, essendo in corso nel merito una indagine della Magistratura, ma non si può sottacere che alcune considerazioni tecniche, affermate con enfasi, sono errate.
La dose massima giornaliera della fendimetrazina era 210 mg; quindi 60 mg, poi, 65, poi 70 tre volte al giorno (definiti dosaggi “altissimi”) erano compatibili con i dettami della nostra Farmacopea (FU XII ed. pag. 1381), che il farmacista è tenuto per legge a rispettare.
La formulazione efedrina 20 mg / caffeina 200 mg per tre volte al giorno, secondo numerosi e accreditati lavori scientifici, ha dato ottimi risultati nella stabilizzazione del peso corporeo, calcolando che le dosi massime giornaliere -previste dalla FU XII ed.- sono 250 mg per la prima e 1000 mg per la seconda, quindi di gran lunga maggiori di quelle impiegate. Fra l’altro, il tecnico che si è dichiarato meravigliato della formulazione ha omesso di aggiungere che la caffeina è una sostanza molto comune presente soprattutto nel caffè, che ne contiene da 80 a 100 mg per tazzina.
Per quanto concerne le testimonianze di presunti danni subiti, occorre far presente che stabilire il nesso di causalità è estremamente complesso. Richiede innanzitutto una istruttoria per accertare che non vi siano abusi causali, ad esempio consumo di alcolici o droghe, e soprattutto usi impropri, tra i quali il più frequente è quello di aumentare le dosi prescritte dal medico per ottenere un risultato più rapido. Il secondo passo è rappresentato da studi specifici che nel contesto della trasmissione sembra siano stati effettuati con riscontri autoptici in un solo tragico caso di decesso che, secondo la successiva sentenza basata sul parere del collegio medico nominato dal giudice, ha escluso il nesso di causalità tra somministrazione ed evento fatale.
Quando si tratta di assumere dei medicinali è sempre necessario valutare il “beneficio” ottenibile dal trattamento, paragonandolo al “rischio”, cioè danno, che può provocare il rimedio scelto. Ne deriva, ad esempio, che sarebbe illogico trattare un banale raffreddore di una persona sana con antibiotici e cortisone, mentre è logico, anzi necessario, somministrare farmaci chemioterapici molto tossici in un malato di tumore o somministrare cocktail di farmaci in una persona che è ipertesa, diabetica, affetta anche da ipercolesterolemia, stipsi e quanto altro o in un paziente obeso che è spesso portatore di una serie di patologie.
Dunque, riteniamo che con un qualificato contraddittorio la trasmissione avrebbe dovuto indurre ad una attenta riflessione per approfondire tutti i risvolti del problema che, oltre al sovrappeso e l’obesità, comportano anche -e non solo- una motivazione di natura “estetica”. Senza negare quest’ultimo aspetto, perché altrimenti si dovrebbe disconoscere l’uso del botox, dell’acido ialuronico, della chirurgia estetica non ricostruttiva, ecc., è invece innegabile che in questo caso il beneficio paragonato al rischio sia maggiormente orientato verso il rischio, essendo il beneficio modesto in quanto destinato a soddisfare il desiderio estetico di dimagrire di soggetti non in sovrappeso, invogliati dalle tendenze culturali in cui sono immersi.
Ben più ragionevole sarebbe stato allora spiegare il reale significato del sovrappeso e dell’obesità, rispetto al semplice trattamento di natura estetica cercando di prospettare suggerimenti. Centella, aloe, garcinia, fucus, ed altri principi attivi contenuti in piante autorizzate dal Ministero, alcune nominate in trasmissione dal “consulente” con un certo disappunto, sono prescritte proprio per il controllo del senso di fame, per stabilizzare il metabolismo ed il peso corporeo con basso rischio tanto da essere spesso presenti in integratori alimentari.
Come detto, nella parte iniziale della trasmissione un medico ed altri non “audaci” hanno suggerito la necessità di regolamentare i trattamenti estetici; analogamente si sarebbe dovuto fare nella seconda parte, ad esempio, come avviene in USA, Paese all’avanguardia del problema in quanto gli obesi sono il 36% della popolazione, imponendo al medico che prescrive determinate sostanze a “rischio”, puntualmente identificate, di attestare sulla ricetta che il paziente ha un indice di massa corporea BMI > 30 o un BMI > 27 in presenza di altra morbilità, come peraltro suggerito dalla comunità scientifica internazionale.
In conclusione, la tendenza a sottolineare solo gli aspetti negativi di un determinato trattamento, alimentata forse ad arte da chi è in cerca di rivalse, senza documentati riscontri sui presunti danni e per di più con storture tecniche, non giova certo alla serenità decisionale degli organi deputati al controllo e ad una categoria di malati gravi in quanto affetti da obesità, cui viene sottratta la possibilità di cure adeguate.
I farmacisti per altro non sono interessati a preparare terapie pericolose, ma chiedono che i preparati allestiti in farmacia vengano trattati come quelli industriali, ovvero se una molecola è pericolosa lo è in qualunque forma e quindi, se molecole vengono vietate da sole o in associazione, lo stesso trattamento venga riservato ai medicinali industriali, altrimenti i provvedimenti sembrano solo battaglie contro una specifica categoria.
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